Delitto di Garlasco: il killer potrebbe non essersi mai lavato le mani, questo “dettaglio” potrebbe scagionare Alberto Stasi.
La nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi torna al centro dell’attenzione con una ricostruzione alternativa che potrebbe scagionare Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione. Al centro del nuovo fascicolo, che coinvolge Andrea Sempio indagato in concorso con altri, vi è un elemento chiave. Si tratta del presunto mancato lavaggio delle mani da parte dell’aggressore.
Un dettaglio che entra in netto contrasto con quanto stabilito dalla sentenza che ha portato alla condanna di Stasi. Nel frattempo, si continua ad indagare anche su uno strano documento ritrovato in una chiavetta della vittima.

Garlasco, il killer potrebbe non essersi lavato le mani
La nuova ipotesi investigativa, come riportato da Libero Quotidiano, smentisce uno dei cardini della condanna definitiva a carico di Alberto Stasi: il lavaggio delle mani del killer. Nella sentenza d’appello bis, confermata poi dalla Cassazione, si legge che tra le prove decisive vi sono “due impronte” sul “dispenser del sapone“. Secondo i giudici, l’aggressore l’avrebbe “sicuramente” utilizzato “per lavarsi le mani dopo il delitto“. Inoltre, pare che l’ex fidanzato di Chiara Poggi avrebbe “maneggiato il dispenser per lavarlo accuratamente, dopo essersi lavato le mani e aver ripulito il lavandino“.
La nuova indagine, invece, si fonda proprio sulla negazione di questa dinamica. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e la Procura di Pavia ritengono che l’assassino non si sia lavato le mani e che non abbia mai pulito né il dispenser né il lavandino.
Il dettaglio che “scagiona” Alberto Stasi
Nel nuovo filone d’indagine viene sottolineato che, se fosse stato effettuato un lavaggio accurato, non si sarebbero conservate “numerose impronte papillari sovrapposte” sul dispenser. Né il Dna di Chiara Poggi e della madre. Inoltre, gli investigatori rilevano che è “impossibile che il lavandino e il dispenser siano stati lavati accuratamente dall’aggressore“.
Un altro particolare significativo emerso dai primi rilievi è la fotografia che mostra la presenza di “quattro capelli neri lunghi” nei pressi dello scarico del lavandino. Capelli che non sono mai stati repertati e che, secondo gli investigatori, non avrebbero potuto rimanere lì se il lavandino fosse stato usato per eliminare tracce ematiche. “Altrimenti sarebbero stati portati via dall’acqua“, osservano gli inquirenti, rafforzando l’idea che né il lavaggio né la pulizia siano mai avvenuti.